Se il gruppo fa la visita guidata alla mattina, al più tardi alle 11.30 arriva questa domanda.
Premesso che non siamo in Romagna, nemmeno in Sicilia, lontani dalla Toscana e dal Veneto ma anche dal pesto genovese… il nostro territorio ha una cucina tipica che per notorietà non supera i confini della provincia.
Per i vini il discorso è diverso. Ma ne parleremo in Ma a Pavia cosa si beve?
Ritornando ai piatti tipici della nostra tradizione, tralascerei gli antipasti perché qui la fa da padrone il signor salame di Varzi al quale verrà dedicato uno spazio tutto suo ed inizierei dai risotti o meglio dal riso (soprattutto il Carnaroli) in tutte le salse.
Dalla tradizione contadina ci arriva il ‘riso e latte’. Di sapore dolce, non è un dolce, ma un primo piatto. È semplicemente del riso cotto nel latte ed al limite aromatizzato con un cicinino di zucchero e di cannella.
Dalla tradizione certosina, dal vicino monastero, abbiamo preso il riso bianco con i filetti di pesce di fiume. I monaci certosini infatti potevano mangiare il riso ed il pesce se regalato od allevato da loro. E alla Certosa di Pavia è ancora presente la vasca dove si allevavano i pesci.
Oggi vanno per la maggiore i risotti: con pasta di salame e bonarda, con i peperoni ( o ‘alla vogherese’), con le rane (oggi rarissime per colpa dei pesticidi usati nelle risaie). Fra i primi occorre ricordare la famosa ‘zuppa pavese’. La storia ci racconta che durante la famosa Battaglia di Pavia del 1525, il re francese Francesco I, fatto prigioniero era stato portato alla cascina Repentita dove una donna gli aveva servito un piatto caldo, appunto la zuppa. Fatta con una fetta di pane raffermo, del brodo caldo ed un uovo. Si dice che da allora la zuppa alla pavese rappresenti anche una portata alla Corte di Francia.
Passando ai secondi, ritornano le rane: in umido con un guazzetto delizioso e fritte per chi ha lo stomaco di mangiare un animale che pare spiaccicato. Ma si sa, fritta è buona anche una ciabatta. Attenzione però: le rane si mangiano solo nei mesi con la ‘R’.
Il motivo? Forse il caldo non è favorevole… Altro secondo piatto di riferimento è il ‘merluzzo con le cipolle e l’uvetta’. Perché un piatto a base di pesce è tipico di un posto lontano dal mare? Perché non siamo lontani dalla via del sale che dalla Liguria attraverso gli appennini portava a valle ed il merluzzo sotto sale godeva di una lunga conservazione. In primavera un secondo è rappresentato dagli asparagi: bolliti brevemente per essere ammorbiditi, vengono passati in padella dove formano il letto alla cottura di un uovo fritto. D’obbligo, a fine cottura, una grattata di parmigiano. L’ossobuco servito con la polenta rappresenta un tipico secondo piatto invernale accanto ai bolliti di carne accompagnati dalla salsa verde ( ogni famiglia la prepara in modo diverso quindi mi risulta impossibile darvi la ricetta: l’ingrediente principale è il prezzemolo).
Il pane di accompagnamento è per noi il ‘miccone’ una grande pagnotta con tanta mollica e crosta spessa, ma croccante.
Per quanto riguarda i dolci occorre fare citazioni: la famosissima torta Vigoni, della pasticceria storica Vigoni, ha una antica ricetta ancora oggi coperta da segreto. Poi la torta di mandorle dell’Oltrepo’. E sì. Vi stupirà, ma l’Oltrepo’, grazie alla vicinanza con la Liguria, era un tempo coperto da mandorli. Per ultime voglio citare i famose ‘brasadè’ : le ciambelle. Nelle due varianti: di Mornico, più morbide e di Staghiglione dure e dal sapore completamente differente. Queste ultime vengono infilate con uno spago che passa dentro al buco, cinque girate da una parte e cinque dall’altra. Lo spago pare servisse ad avvolgerle alla vita e nasconderle sotto alla tunica dei bambini che potevano così mangiarle senza essere visti durante le lunghe cerimonie religiose. Fra le due, io non saprei scegliere: adoro entrambi anche perché sono i sapori della mia infanzia a Torricella Verzate. I brasadè si servono a fine pasto e obbligatoriamente, da adulti ma anche non tanto, si puciano nel vino rosso.